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Tacito
De oratoria,23
 
originale
 
[23] Nolo inridere "rotam Fortunae" et "ius verrinum" et illud tertio quoque sensu in omnibus orationibus pro sententia positum "esse videatur." nam et haec invitus rettuli et plura omisi, quae tamen sola mirantur atque exprimunt ii, qui se antiquos oratores vocitant. Neminem nominabo, genus hominum significasse contentus; sed vobis utique versantur ante oculos isti, qui Lucilium pro Horatio et Lucretium pro Virgilio legunt, quibus eloquentia Aufidii Bassi aut Servilii Noniani ex comparatione Sisennae aut Varronis sordet, qui rhetorum nostrorum commentarios fastidiunt, oderunt, Calvi mirantur. Quos more prisco apud iudicem fabulantis non auditores sequuntur, non populus audit, vix denique litigator perpetitur: adeo maesti et inculti illam ipsam, quam iactant, sanitatem non firmitate, sed ieiunio consequuntur. porro ne in corpore quidem valetudinem medici probant quae animi anxietate contingit; parum est aegrum non esse: fortem et laetum et alacrem volo. prope abest ab infirmitate, in quo sola sanitas laudatur. Vos vero, [viri] disertissimi, ut potestis, ut facitis, inlustrate saeculum nostrum pulcherrimo genere dicendi. Nam et te, Messalla, video laetissima quaeque antiquorum imitantem, et vos, Materne ac Secunde, ita gravitati sensuum nitorem et cultum verborum miscetis, ea electio inventionis, is ordo rerum, ea, quotiens causa poscit, ubertas, ea, quotiens permittit, brevitas, is compositionis decor, ea sententiarum planitas est, sic exprimitis adfectus, sic libertatem temperatis, ut etiam si nostra iudicia malignitas et invidia tardaverit, verum de vobis dicturi sint posteri nostri."
 
traduzione
 
23. ?Non voglio ridicolizzare espressioni come rotam Fortunae e ius verrinum e quel notissimo esse videatur, posto come un suggello ogni due periodi in tutti i discorsi di Cicerone. Ho riportato questi modi di dire contro voglia, e ben pi? numerosi ne ho tralasciati, eppure questi sono i soli che ammirano e riprendono quelli che si definiscono oratori della vecchia scuola. Non far? il nome di nessuno, pago di avere indicato una categoria di persone. Ma avete in ogni caso davanti agli occhi quei tali che leggono Lucilio al posto di Orazio e Lucrezio invece di Virgilio, quelli per i quali l'eloquenza di Aufidio Basso e di Servilio Noniano in confronto a quella di Sisenna o di Varrone non vale niente, che provano fastidio e ripugnanza per i discorsi dei nostri retori e invece ammirazione per quelli di Calvo. Persone di tal genere, quando sproloquiano davanti al giudice nel loro stile antiquato, non vengono seguiti da chi li ascolta, n? ascoltati dal pubblico, ed ? tanto se li sopporta il cliente: a tal punto sono scialbi e sgraziati, che quella stessa condizione di sanit?, di cui tanto si vantano, ? dovuta non alla loro solida costituzione, ma al digiuno. Ora, neppure per il corpo umano i medici apprezzano una salute che capita di avere come conseguenza di un animo ansioso; che l'oratore non sia malato, ? troppo poco: lo voglio forte, vivace, brioso. ? poco lontano dalla malattia la persona di cui si pu? vantare solo il fatto che ? sana. Ma voi, amici eloquentissimi, voi - come del resto sapete fare e fate - illustrate l'et? nostra con quel genere di eloquenza che ? davvero il pi? bello. Perch? vedo te, Messalla, imitare dagli antichi quanto hanno di pi? brillante; e voi, Materno e Secondo, sapete combinare cos? bene con la profondit? del pensiero la fulgida eleganza dell'espressione, e avete una tale abilit? nella scelta dei soggetti, nella disposizione della materia, tale ? la vostra ricchezza, quando la causa lo richiede, e tale la brevit?, quando ? consentita, tale la grazia della costruzione e la perspicuit? del pensiero, tanto bene date espressione ai sentimenti, cos? bene sapete controllare le libert? che vi prendete, che, quand'anche la malevolenza e l'invidia ritarderanno il giusto riconoscimento che noi contemporanei diamo, sicuramente saranno i posteri a proclamare la verit? su di voi.?
 

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